Pronti per l’industria 4.0 e oltre
Hotform: le innovazioni di un’azienda che autoproduce in maniera green l’energia di cui ha bisogno
Più volte, nella giornata di ognuno, il packaging per la conservazione degli alimenti recita il ruolo di piccolo ma imprescindibile protagonista; dalla tazzina di caffè usa e getta passando al contenitore per un’insalata mista consumata in pausa pranzo, la nostra quotidianità consuma migliaia di prodotti plastici che, oltre a dover rispondere a precise normative igieniche e funzionali, devono oggi più che mai dimostrarsi sostenibili, amici cioè di quel mondo che continua a reclamarli in virtù della loro insuperata praticità. Lo sa bene Hotform, realtà di Tombolo (provincia di Padova) leader internazionale nel packaging alimentare: “Siamo un’azienda energivora che stima consumi oltre i 5.000 Megawatt l’anno - spiega Jacopo Bonotto, dottore in Economia, in veste di amministratore delegato - Per questo abbiamo scrupolosamente progettato e avviato un processo di ottimizzazione di ogni settore, in abbinata a una strategia energetica che non si limita all’ormai consueta dotazione di impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili ma che va ben oltre, intenzionata a cambiare il paradigma nel fare imprenditoria. In primis abbiamo investito e proseguiremo a investire su un’industria 4.0; le parole d’ordine sono ‘automazione’ e ‘robotizzazione’, aderendo non tanto al trend della modernità vigente ma cercando di individuare le tecnologie più avveniristiche al fine di poter impiegare la forza lavoro in attività che riteniamo più importanti e meno alienanti. L’ambizione, in alcuni casi specifici, è addirittura quella di andare oltre l’attuale industria 4.0 e, a riguardo, le idee e i progetti sono chiarissimi e le risorse non mancano”. “Per quanto riguarda la strategia energetica di Hotform gli obiettivi sono due - spiega l’ingegner Francesco Dattoli, ‘deus ex machina’ di questa rivoluzione green per Hotform - non inquinare e utilizzare meno fonti possibili. A ciò va aggiunta anche la volontà di ridurre al minimo l’incidenza del costo dell’energia elettrica sul prodotto. A oggi stiamo concretizzando un progetto basato sull’innovazione tecnologica il quale si serve di fotovoltaico, della rete e di un impianto di trigenerazione a gas, il tutto ottimizzato da un sistema che integra i tre precedenti per ottimizzare la produzione di energia elettrica, termica e frigorifera, quest’ultima fondamentale per il raffreddamento degli impianti e il raffrescamento degli ambienti. Il target è dunque inquinare e spendere meno possibile. Ma vogliamo spingerci oltre, rinunciando nel futuro prossimo all’utilizzo del gas naturale, in favore di un combustibile di nostra produzione non derivante dalle fonti”. L’ultimissima avventura imprenditoriale ella famiglia Bonotto ha nome Hotform Agricola. “Come anticipato dall’ingegner Dattoli - precisa Jacopo tradendo una passione ‘contagiosa’ per il tema trattato - l’obiettivo è costruire un impianto in grado di mettere a disposizione dell’azienda madre un combustibile completamente biologico. La produzione di un combustibile attraverso materie vegetali quali, a esempio, le alghe, sta attirando molteplici candidati a divenire finanziatori esterni del progetto, sia appartenenti al settore dell’imprenditoria che a quello bancario”.
Molteplici gli effetti generati da questo business concretamente green, tra i quali la riduzione delle emissioni di gas climateranti, la riduzione del livello di dipendenza energetica, il miglioramento dell’impronta ecologica dei consumi e l’utilizzo di materie prime futuribili ed ecosostenibili al 100%. “La nostra ‘vision’ per Hotform Agricola non si limita però alla sola produzione dell’impianto - conclude Giorgia De Bastiani, amministratore unico, dottoressa in Economia - vogliamo che l’azienda diventi l’incubatore per un team di eccellenze provenienti dal mondo della Ricerca e dell’Università, così da creare un circolo virtuoso in cui prospettare ulteriori innovazioni utili alle generazioni future”.
La visionarietà e il coraggio imprenditoriali fin qui dimostrati devono tuttavia fare i conti con la situazione legislativa del settore plastico a livello nazionale e, ancor più, europeo. “Abbiamo le idee chiare ma dobbiamo anche confrontarci coi tempi di esecuzione del progetto, a cui si aggiungono la schizofrenia del nostro mercato di riferimento e le decisioni del Legislatore Europeo - osserva Bonotto - il quale ha emanato delle direttive decisamente idealiste le quali devono essere recepite dal Legislatore Nazionale e che, in sostanza, prevedono solamente da qui in avanti la produzione di una plastica monouso senza utilizzo di materiale vergine. Tale divieto ha creato una confusione generale per i produttori, palesando una miopia nel gestire la situazione e dimostrandosi completamente staccati dall’economia reale. A ciò va sommata l’incertezza congiunturale derivata dalla pandemia, una situazione a cui ci dobbiamo adattare tudiando soluzioni che trasformino il problema in possibilità. Ciò che sta succedendo però è che, a causa di questa situazione, un’azienda che produce per esempio una bottiglietta di plastica si è adoperata alla velocità della luce per creare impianti che riciclino il suo stesso prodotto. Il risultato? Attualmente la scaglia di plastica già utilizzata costa 1,80 euro al kg, cioè infinitamente più del materiale vergine proveniente dal petrolio. E il mercato come si comporta? Impiega più materiale vergine dal petrolio che non materiale riciclabile e più pulito. A ciò si aggiunga il fatto che in Italia non viene prodotto materiale vergine e dunque, dopo decenni di campagne pubblicitarie atte a sensibilizzare le persone sulla necessità del riciclo, lo andiamo ad acquistare dal Paesi come l’Indonesia e il Vietnam". "Nonostante tutto non abbiamo perso la speranza di contribuire alla salvaguardia del Pianeta Terra con un business ecosostenibile, ma un’azienda da sola può poco, soprattutto se sopra di essa c’è un Legislatore che non comprende lo stato delle cose. Tre sarebbero gli elementi utili per un miglioramento della situazione: un atteggiamento più consapevole in chi fa le leggi, una norma stabile e un atteggiamento che premi i virtuosi piuttosto che punire gli inadempienti mettendo semplicemente fuori mercato tante realtà produttive”.