Scienza, tv, social: parliamo di clima, di più e meglio
Il fascino e la complessità della climatologia, il sogno di una divulgazione quotidiana in uno spazio di informazione più corretto e continuo
Le previsioni meteo oggi arrivano a 15 giorni, una proiezione inimmaginabile solo pochi anni fa. “Dietro ci sono due sistemi giganteschi: quello dell’osservazione e quello dell’elaborazione. Miliardi di dati in tempo reale da satelliti, stazioni meteo, boe marine, navi e aerei, convergono verso i (pochi) centri di previsione nel mondo. Qui vengono elaborati da super calcolatori. Perché la previsione deve arrivare... prima!”.
Complessità che si scontra con la semplificazione dettata dai tempi televisivi e dai telegrafici social, riflesso di un interesse da meteo usa- e-getta, mentre la crisi climatica chiederebbe approfondimento. “Basti pensare che nemmeno Leonardo Di Caprio, che sui cambiamenti climatici ha fatto due film, è riuscito a smuovere le masse (‘Before The Flood’, ‘Punto di non ritorno’ e ‘Don’t look up’, ndr). Ci vorrebbe il tempo nobile di un documentario, come nel 2015-16 con il mio programma ‘Scala Mercalli’”.
Spiegare il clima in Italia è complicato dall’enorme varietà, dalla Sicilia simile all’Africa, all’Europa Continentale di alcune aree dell’Alto Adige. In più l’elevata frammentazione delle fonti di informazione, pur autorevoli. Il servizio ufficiale dell’Aeronautica Militare è centrato sulle esigenze militari e dei voli aerei, non su quelle dell’agricoltura, del turismo, dell’energia. Così sono nati i servizi meteorologici regionali, le Arpae, il primo in Emilia-Romagna negli anni Ottanta.
“Negli altri Paesi il servizio meteorologico nazionale è protagonista, alimenta dalla Protezione Civile alla didattica all’informazione giornalistica. È molto più complicato organizzare il fine settimana in Italia che in Australia: bisognerebbe andare sui siti delle Arpae di ciascuna regione che si visita o attraversa, un’assurdità. Mentre siamo sempre in attesa che l’Agenzia Italia Meteo da Bologna metta tutto sotto un unico coordinamento”.
Mercalli dirige la Società Meteorologica Italiana, fondata nel 1865, la più longeva associazione di professionisti e appassionati. “Negli anni Duemila eravamo la terza associazione d’Europa, oggi ce ne sono tante, troppe. La frammentazione fa perdere l’opportunità di crescere confrontandosi con i migliori a livello globale”. Per spiegare il clima, Mercalli ha percorso tutte le strade: tv, giornali, libri, conferenze e lezioni, persino concerti e un fumetto, “Il tuo clima - istruzioni per l’uso”. Come vede il futuro? “Nero, anche se per sdrammatizzare ci rido sopra”. Un suggerimento, almeno un sogno? “Sogno di riuscire a spiegare il clima in tv, mentre la gente apparecchia la tavola. Forse così si riuscirebbe ad avere un impatto di massa. Bisognerebbe fare come negli anni Cinquanta, quando in tv spiegavano come usare la lavatrice, ora dovremmo farlo con i pannelli solari. L’attenzione al clima è un fatto quotidiano, e non dovrebbe focalizzarsi sulla denuncia, ma soprattutto sulle soluzioni concrete, a portata di tutti”.