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Solo il meglio per plasmare un nuovo futuro

“Cucinare è un gesto d’amore e condividerlo mi rende felice”: Massimo Bottura si racconta

“Ogni giorno chiedo al mio team di guardare la tradizione culinaria italiana da 10 km di distanza. Aiuta a vedere le cose in prospettiva, a sceglierne la parte migliore per essere in grado di migliorare ciò che può e deve essere modificato”. No, questa non è una lezione di cucina. È sintesi perfetta di una scuola di vita in cui possiamo guardare al passato “con occhi critici, ma mai nostalgici” per immergersi in una dimensione del tutto nuova: propositiva, intensa, evoluta. “Tradizione in evoluzione è infatti l’essenza del nostro approccio”. A parlare è Massimo Bottura, “uno chef italiano nato a Modena”, tre stelle Michelin con la sua Osteria Francescana, due volte il migliore al mondo nella classifica “The World’s 50 Best Restaurants”. Pluripremiato e molto amato anche dai migliori colleghi del pianeta, che l’hanno insignito del titolo “Chef’s choice”.

Chef, quale il corretto punto di equilibrio con la cucina della tradizione? 

“Bisogna sentirsi liberi di rompere con la tradizione per trattenerne solo il meglio, con cui plasmare un nuovo futuro. La qualità degli ingredienti è essenziale, e noi qui in Italia siamo fortunati ad avere una varietà e una proposta sorprendenti, ma questo deve essere il punto di partenza. Io viaggio sempre per il mondo con occhi e orecchie ben aperti per assorbire tutto quello che posso e lasciarmi sorprendere e ispirare”. 

Social e nuove tecnologie stanno influenzando l’arte della cucina e dell’ospitalità?

“La digitalizzazione è diventata parte essenziale del nostro quotidiano. Attraverso un telefono nei mesi di lockdown ho accolto al mio tavolo migliaia di persone da tutto il mondo, entrando - allo stesso tempo - nelle loro vite. Questa è un’opportunità che non deve essere sottovalutata, ma sfruttata per veicolare i messaggi giusti. La tecnologia apre la porta a infinite possibilità di scambio, ma l’esperienza a un ristorante non potrà mai essere paragonata o sostituita. Il ristorante, lo dice la parola stessa, avrà sempre la funzione di ristorare anima e corpo”.

Quanto la famiglia e lo staff incidono sulla tua inesauribile creatività? 

“La mia squadra è la mia famiglia, e viceversa. Il valore aggiunto che ognuno di loro porta alla mia esperienza è incalcolabile. Non a caso il nuovo menu di Osteria Francescana è omaggio ed espressione creativa di tutto il mio team: il lavoro di squadra è essenziale per superare qualsiasi ostacolo. Come mi ha conferma anche l’esperienza di ‘Kitchen Quarantine’ su Instagram: all’inizio del lockdown tutti insieme, io, Lara, Alexa, Charlie e Monk, volevamo solo avere un pretesto per risollevare gli animi e passare del tempo in compagnia, imparando a utilizzare al meglio il cibo nelle nostre dispense. Alla fine abbiamo anche vinto un Webby Award, gli ‘Oscar’ del web! Cucinare è un gesto d’amore e condividerlo con più persone possibile mi rende felice e aggiunge del valore essenziale alla mia quotidianità”.

Kitchen Quarantine però non è l’unica iniziativa di questi ultimi mesi…

“In aprile abbiamo voluto tentare un esperimento, proponendo ai nostri clienti ‘Futures’: quattro diverse combinazioni di esperienze in serie limitata per entrare nel nostro mondo con accesso prioritario alle prenotazioni. In pochissimo tempo sono andati sold out. Abbiamo poi deciso di inaugurare l’inedito servizio di delivery con il nostro bistrot modenese Franceschetta58. La formula di ‘Franceschetta58 at home’ è semplice: consegniamo un piatto da assemblare, con ingredienti parzialmente già preparati ma da rifinire a casa. Nel frattempo, però, siamo sempre rimasti attivi anche con tutti i nostri Refettori di ‘Food for Soul’, l’organizzazione non profit che ho fondato con mia moglie per ridurre lo spreco alimentare e incoraggiare l’inclusione sociale. Tutto questo mentre su cookingisanactoflove.org raccogliamo le ricette dai Refettori e da tutte le persone che vogliono partecipare alle nostre campagne: è una piattaforma dove condividere idee ma dove si può anche donare a un fondo destinato al supporto diretto dei Refettori”. 

Come nasce Food for Soul?

“Nel 2014 la Fao ha pubblicato un report in cui spiegava che un terzo del cibo prodotto viene sprecato, mentre 815 milioni di persone sono colpite dalla fame. Nel 2015 questi dati mi hanno spinto a rispondere, insieme al team, alla chiamata di Expo, il cui tema era nutrire il pianeta. Ci siamo chiesti perché, invece di produrre di più, non ci concentriamo su come utilizzare meglio le risorse che abbiamo? È nato il primo Refettorio, quello Ambrosiano, in collaborazione con Caritas, e poi nel 2016 Food for Soul. Con Lara ho voluto dare vita a un progetto che fosse innanzitutto culturale. L’auspicio è che un giorno possa esserci un Refettorio in ogni città del mondo. Così teniamo accesa la passione per ciò che amiamo fare, e così ogni giorno lavoriamo con un sogno nella mente e le mani in pasta in tanti nuovi progetti”. 

Chiara Marseglia 

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