Acqua inquinata, dal Polo all’Equatore
Campionamenti in ambienti estremi per studiare gli inquinanti emergenti
Quindici giovani dottorandi alla ricerca di nuovi inquinanti nell’acqua, in situazioni e temperature estreme: per verificarne il comportamento attuale e i possibili scenari futuri, come si trasformano e come possono impattare sulla nostra vita, e infine per cercare di “degradare” queste sostanze. Ma gli ambienti in cui si stanno muovendo in questi mesi i ricercatori protagonisti di “In2Aquas” - il progetto Marie Curie-Horizon Europe coordinato dal dipartimento di Chimica dell’Università di Torino - sono tutt’altro che urbani: dal freddo estremo della Norvegia settentrionale alla cima del Monte Bianco, dal caldo assoluto del Sahara tunisino alle zone aride nella zona di Almeria, in Spagna. Scenari estremi, appunto, sia in termini di temperature sia nella logica di scarsissimo rapporto antropico. “L’obiettivo è effettuare campagne di campionamenti in queste aree - spiega la professoressa Paola Calza dell’ateneo torinese, responsabile del progetto (a cui partecipano altri 19 partner europei e, tra gli italiani, le Università di Bologna e del Piemonte Orientale) - e una volta identificati i nuovi inquinanti, simuleremo come si trasformano nella neve, nei ghiacci, nei fiumi o negli ambienti desertici, per capire se possono dare origine a nuove sostanze con possibili proprietà dannose”. Giunto quasi a metà del cammino quadriennale, il pool di progetto ha già identificato numerose sostanze e sta studiando come si trasformano sia nell’ambiente sia negli impianti di trattamento. “Negli ultimi due anni andremo a cercare di degradarle anche nell’ambiente urbano - continua Calza - Il secondo obiettivo è infatti quello di abbattere gli inquinanti recalcitranti, grazie allo sviluppo di nuove tecnologie completamente green che comprendono membrane per nanofiltrazione, da combinare con metodi di ossidazione avanzati attivati dalla luce solare e la produzione di nuovi materiali prodotti da sostanze di scarto o sfruttando il fito-mining: del resto, tutto il progetto si sviluppa con una filosofia green e l’effettiva sostenibilità dei processi sviluppati sarà verificata attraverso studi di Lca”. Lo scopo ultimo è quello di arrivare a un “water reuse” il più possibile esteso: con la possibilità di utilizzare l’acqua depurata dagli inquinanti sia in agricoltura sia nell’acquacoltura, due settori che comportano un consumo altissimo di risorsa idrica. “In questo campo, va detto che esistono oggi sostanze odorose che sono responsabili del cattivo odore del pesce di acquacoltura: stiamo cercando di rimuoverle, per velocizzare i processi che portano alla successiva immissione nel mercato di prodotti ittici più gradevoli e sostenibili”.
Giunto quasi a metà del cammino quadriennale, il pool di progetto ha già identificato umerose sostanze e sta studiando come si trasformano sia nell’ambiente sia negli impianti di trattamento
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