Fra le tematiche di cui si occupa da tempo il Joint Research Centre (JRC) della Commisione Europea, c’è quella - importantissima - della distribuzione della popolazione sul territorio. E il recente “Atlante del Pianeta Umano”, presentato a metà febbraio ad Abu Dhabi, spiega proprio come l’umanità abbia urbanizzato il pianeta in maniera massiccia: scegliendo sempre più spesso di abitare in città, anche se questo termine ha differenti accezioni a seconda dei diversi paesi (per la Cina ogni agglomerato oltre i 100 mila abitanti, mentre per l’Islanda bastano 200 anime). Così, il più recente intervento del JRC in quest’ambito (presentato all’Onu ai primi di marzo) ha riguardato proprio una nuova formulazione del concetto di “città”: la definizione proposta è quella di agglomerati superiori ai 50 mila abitanti. Nel mondo ce ne sono circa diecimila, 91 dei quali in Italia. Ci si potrà chiedere a cosa serve tutto questo. “Dando una definizione dimensionale condivisa di città è possibile vederne gli sviluppi attuali, e
prevedere quel che accadrà nel prossimo futuro - spiega il geografo Thomas Kemper, uno dei membri del gruppo interdisciplinare del JRC che si occupa di questa ricerca - Questo aiuta a capire quali sono i corridoi di crescita, e dove bisogna investire nelle infrastrutture, per evitare la mancanza di pianificazione, come accade oggi in Africa ed in altri contesti in rapido sviluppo. Ma è una definizione che serve anche nei paesi a maggior sviluppo - dove la tendenza è quella a costruire anche senza una crescita di popolazione - per calcolare gli indicatori per gli SDGs”. Il lavoro del team di Jrc si basa innanzitutto sui dati satellitari (prima di tutto da Copernicus), incrociati con le statistiche di enti come il nostro Censis: è stato così creato un dataset globale ad alta risoluzione, che indica la presenza degli insediamenti umani. “Negli ultimi 40 anni, i maggiori cambiamenti di stato - cioè la crescita delle città - si sono registrati prima in Cina e in India, e oggi in Africa Occidentale: qui, in particolare, la popolazione urbana è raddoppiata fra il 1990 e il 2015”. Ma i dati segnalano anche paesi in cui si registra una de-urbanizzazione: soprattutto nell’Est Europa (Bulgaria, Bielorussia, Ucraina). “Quando le frontiere sono state liberalizzate, molti hanno lasciato le grandi città dei paesi di origine per trasferirsi in occidente. Mentre la popolazione rurale è più stabile. Sulla base delle tipologie territoriali dell’Unione, applicate a livello globale grazie al Global Human Settlement Layer prodotto al JRC, la percentuale di abitanti urbani nel nostro pianeta ha superato il 70% nel 2015.