Come il cervello si autoinganna: una nuova prospettiva sulle malattie neurodegenerative
Il progetto di ricerca quinquennale UnaWireD - Anosognosia and Delusions in the Diseased Brain studia congiuntamente due manifestazioni neuropsichiatriche di particolare rilevanza nelle malattie neurodegenerative: l’anosognosia e i deliri
UnaWireD, coordinato dalla professoressa Giovanna Zamboni del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze dell’Università di Modena e Reggio Emilia e finanziato dall’European Research Council, rappresenta un cambio di paradigma nello studio delle malattie neurodegenerative. L’attenzione si concentra su sintomi non diagnostici che restano in gran parte inesplorati, come l’anosognosia - ovvero la mancanza di consapevolezza dei propri deficit cognitivi - e i deliri, intesi come convinzioni false, strutturate e persistenti, spesso a contenuto persecutorio, di furto o di gelosia. “La ricerca si distingue per il suo carattere innovativo e multidisciplinare. Per la prima volta, anosognosia e deliri vengono studiati insieme, con l’ipotesi che condividano meccanismi cerebrali comuni. Il team riunisce neurologi, neuropsicologi, fisici e matematici, creando un ponte tra la clinica e la ricerca di base”, spiega la professoressa Zamboni, sottolineando come questa multidisciplinarità sia essenziale per affrontare la complessità del problema. Il progetto impiega tecniche di imaging cerebrale all’avanguardia fra cui risonanza magnetica funzionale congiuntamente a una fine caratterizzazione clinica e neuropsicologica. “Utilizziamo paradigmi sperimentali che ci permettono di osservare il cervello in condizioni sia di riposo che di attivazione cognitiva. L’obiettivo è mappare le aree cerebrali coinvolte nello sviluppo di anosognosia e deliri e verificare se questi sintomi identificano un sottotipo clinico specifico della malattia di Alzheimer - chiarisce Zamboni - La ricerca mira a anche a identificare se questi sintomi dipendano da caratteristiche quali, per esempio, la personalità premorbosa, che hanno favorito il crearsi di specifici pattern di connettività cerebrale prima che si instaurasse il danno causato da malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, indagando anche se questi sintomi derivino dal danno cerebrale o da un tentativo di risposta compensatoria delle strutture cerebrali non compromesse dalla malattia”. Una delle ipotesi più innovative riguarda il possibile coinvolgimento del sistema dopaminergico nella modulazione di questi sintomi. “Questa ricerca coinvolge più di 200 pazienti con Alzheimer e altre malattie neurodegenerative, ma anche i loro caregiver, familiari o amici per la raccolta di informazioni comportamentali e funzionali - afferma Zamboni - Si lavora su diversi livelli: dal monitoraggio clinico fino allo studio di biomarcatori cerebrali e molecolari, con anche uno studio farmacologico esplorativo per testare specifiche ipotesi sui neurotrasmettitori coinvolti. Lo scopo non è solo comprendere i meccanismi, ma anche individuare potenziali strade terapeutiche, con implicazioni trasversali a molte condizioni neurologiche e psichiatriche, ben oltre la sola malattia di Alzheimer”.
Finanziato dall’Unione Europea ERC, UnaWireD, numero di progetto 101042625. I punti di vista e le opinioni espressi sono tuttavia quelli dell’autore o degli autori e non riflettono necessariamente quelli dell’Unione Europea o dell’Agenzia Esecutiva del Consiglio Europeo della Ricerca. Né l’Unione Europea né l’autorità che eroga il finanziamento possono essere ritenuti responsabili per essi.
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