Curare le piante senza i pesticidi
Un progetto innovativo applica alle piante la tecnica molecolare degli Rna interferenti
Nei prossimi mesi, probabilmente, si sentirà parlare spesso di tecnologie RNA, perché è la tecnica su cui si basa la maggioranza dei vaccini anti Covid in fase di studio. L’applicazione è già attiva da anni in vari settori della medicina umana e veterinaria. Uno dei futuri campi può essere l’agricoltura: dove da alcuni anni si sta studiando la tecnologia di RNA interferente (RNAi). Proprio di questo specifico settore si occupa il progetto
‘iPlanta’, del programma Horizon 2020 COST, coordinato dal Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Politecnica delle Marche. A monte del progetto, c’è l’obiettivo primario di ridurre l’uso dei pesticidi, pur continuando ovviamente a combattere le malattie delle piante (funghi, insetti, parassiti): “iPlanta” lo fa sostituendo ai tradizionali pesticidi, appunto, la tecnica RNAi. La rete di ricerca creata, comprendente più di 300
ricercatori, non solo ha evidenziato le potenzialità di questa tecnica in campo agricolo, ma ha anche messo in luce due opportunità alternative per agire sulle piante. “La prima consente di intervenire in maniera stabile sulle piante, rendendole più resistenti - sottolinea il professor Bruno Mezzetti, coordinatore del progetto -. Così facendo, però, le modifichiamo: diventano transgeniche, Ogm, e questo oggi è un tema delicato per l’opinione pubblica italiana e per il consumatore”. La seconda possibilità di intervento è più innovativa e al tempo stesso meno invasiva: “Si fonda sulla creazione di prodotti basati su RNAi, che possono essere applicati sulle piante - come fossero un pesticida, non chimico bensì molecolare - e hanno un effetto specifico molto mirato su parassiti e malattie, perché interferiscono solo silenziando geni del patogeno che vogliamo controllare”. Il progetto ha analizzato le specificità dei sistemi RNAi per massimizzare il silenziamento genico desiderato e ridurre al minimo gli effetti sull’ambiente e sul consumatore. “Dal punto di vista scientifico sono entrambe soluzioni valide - conclude Mezzetti - Il nuovo “green deal” promosso dall’Unione Europea punta alla riduzione dei pesticidi, ma non spiega chiaramente come continuare a garantire la sicurezza alimentare. Ebbene, la tecnologia su cui abbiamo sviluppato il progetto offre ora un’opportunità nuova e affidabile, che deve essere presa in considerazione e accettata”.