Daniele Vignoli: l’incertezza economica come causa di bassa fecondità
Eu-Fer: una lunga ricerca appena conclusa ha messo in relazione i due fenomeni, studiando le tendenze europee degli ultimi decenni
La fecondità in Europa è sempre in calo, almeno da una dozzina d’anni in qua. Lo è in aree tradizionalmente a fecondità più bassa come quelle mediterranee, ma anche in quelle dei Paesi del nord, tradizionalmente caratterizzati da fecondità più alta. L’Italia, in questo quadro, rientra nella fascia più bassa in assoluto nel mondo, con una media di 1,2 figli per donna: pochi altri Stati (per esempio la Corea del Sud) proliferano meno.
Ma c’è un nesso fra questa tendenza e le vicende economiche e sociali, come lavoro precario o disoccupazione? E, ancora, la bassa fecondità è frutto di una scelta consapevole delle coppie, oppure è piuttosto una conseguenza delle crescenti incertezze globali dell’ultimo quindicennio?
È quel che ha indagato, nell’arco di sei anni, il progetto “Eu-Fer”, acronimo di “Incertezza economica e fecondità in Europa”, finanziato dall’European Research Council (Erc)/European Union Horizon H2020 Research and Innovation Programme (Ga 725961): gestito dal professor Daniele Vignoli dell’Università di Firenze - che ha coordinato un pool multidisciplinare (demografi, sociologi, economisti, psicologi sociali) - il progetto ha analizzato dati, confrontato tendenze, studiato se e come narrazioni diverse del contesto economico e delle prospettive future possano influenzare i comportamenti delle giovani coppie. Ed è giunto a dimostrare che effettivamente le varie incertezze degli ultimi anni, e il modo spesso negativo in cui i media ne hanno trattato (per esempio, le notizie del Tg1 degli ultimi 15 anni sono state messe in relazione con i comportamenti riproduttivi), hanno spinto i giovani a fare meno figli non solo rispetto al passato, ma anche rispetto ai loro stessi desideri.
“È stato un lavoro intenso e stimolante - sottolinea Vignoli - Fra l’altro, proprio nel pieno svolgimento del progetto, alle varie incertezze di tipo economico già note come possibili cause della bassa fecondità, si è aggiunto improvvisamente il Covid: uno shock esogeno che ha dato ulteriori stimoli alla nostra ricerca, portandoci anche a riformulare alcune delle ipotesi iniziali. Abbiamo creato un bel gruppo, interdisciplinare e sinergico, che ha portato a pubblicare una trentina di articoli su importanti riviste scientifiche: sono molto soddisfatto dei risultati”. Risultati che sono stati recentemente presentati a un convegno conclusivo, svoltosi a Firenze, dove a una parte scientifica con i maggiori esperti europei se n’è aggiunta anche una più “politica”.