Device interattivi per chi non riesce a muoversi
L’integrazione fra varie discipline, applicata all’Intelligenza Artificiale, per dare vita a strumenti di nuova generazione per aiutare pazienti neurolesi
Milioni di persone, nel mondo, presentano capacità motorie limitate da incidenti, malattie neurodegenerative o cause diverse. La risposta attuale alle loro difficoltà sta nelle neuroprotesi, ma lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale permette oggi di ipotizzare soluzioni molto più avanzate e performanti, mirate sui bisogni dei singoli pazienti e, soprattutto, interattive. Una piccola, ma significativa rivoluzione, che è il core del progetto “Maia”: un H2020 avviato da un anno, coordinato dalla professoressa Patrizia Fattori dell’Università di Bologna, il cui consorzio è composto da realtà multidisciplinari, sia a livello scientifico-biomedico, neurologico, psicologico - sia come apporto tecnologico e computazionale (con aziende del calibro di Zeiss e Stam) e centri di ricerca come Tecnalia, Cnr e Irccs Neuroscienze (Ospedale Bellaria). “L’obiettivo è fornire ai pazienti affetti da malattie neurogenerative, o con traumi spinali, la possibilità di una vita indipendente dall’aiuto altrui, grazie all’utilizzo in prima persona di strumenti tecnologici avanzati e interattivi con cui gli utenti possano interagire al meglio a seconda delle necessità”, spiegano Annalisa Bosco e Matteo Filippini del team felsineo. Per questo, il lavoro non si concentra solo sugli aspetti sperimentali integrando dati dai primati non umani ai pazienti cerebrolesi, nonché su aspetti tecnologici, ma anche psicologici e clinici: uno dei cardini del progetto è l’attività di uno staff di psicologi, che intervistano pazienti e familiari per avere un quadro preciso delle singole specifiche esigenze. Poi arriva la tecnologia, a braccetto con l’Intelligenza Artificiale. “I segnali neurali del paziente vengono estratti da aree del cervello che integrano informazioni sensoriali e motorie - continua Fattori - Unendo le varie fonti, vogliamo costruire un paradigma per lo sviluppo di IA, applicabile in diversi tipi di device: bracci robotici, esoscheletri, sedie elettroniche, tutti direttamente guidati dal cervello del paziente”. La vera novità, appunto, è che si tratta di un sistema “human centric”: “La tecnologia comunica con l’utilizzatore finale, si crea uno scambio bidirezionale tra l’utente e l’IA”. Una caratteristica davvero importante e innovativa che, al termine di “Maia”, darà vita a una serie di prototipi che potranno essere le basi per gli strumenti del futuro.