Il Covid? Se torna, la ricerca medica sa come vincerlo Alberto Zangrillo
La voce autorevole del professor Alberto Zangrillo dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano: “Siamo consapevoli di quello che è stato, abbiamo visto le persone morire, abbiamo lavorato come ricerca clinica e oggi sappiamo chi deve essere protetto”
Cosa potrà accadere nei prossimi mesi, rispetto al Covid? Se con il ritorno della stagione fredda il virus dovesse riprendere di intensità, come diversi esperti temono, come potrebbe rispondere il nostro Paese, già duramente colpito nei mesi scorsi? Sono domande a cui non è facile dare risposta, e che in molti casi destano timori e preoccupazioni. Ci sono però anche voci autorevoli che si situano “fuori dal coro” delle preoccupazioni: uno dei protagonisti principali del dibattito (anche mediatico) sulla pandemia è stato il professor Alberto Zangrillo, primario dell’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione Generale e Cardio-Toraco-Vascolare e referente direzionale Aree Cliniche dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, una delle eccellenze della sanità privata italiana. Chi ha avuto modo di ascoltarlo anche solo una volta, sa che non ha peli sulla lingua.“Sono obbligato a manifestare grande preoccupazione perché, come dico con chiarezza da mesi, credo che ci sia una enfatizzazione del fenomeno Covid. Lo dico da persona che lo ha affrontato, lo ha temuto e quindi non lo vuole più incontrare. Ma ciò non toglie che una società di persone terrorizzate non può sopravvivere: morirà la società civile, e moriranno le imprese, perché qui si è sconvolto il nostro modo di vivere e di interpretare la quotidianità. A causa di un paradigma che ti dice di chiuderti in casa, perché se esci rischi di far morire il tuo prossimo. Tutto questo è scellerato: le evidenze cliniche vanno in tutt’altra direzione”. Alla base delle dichiarazioni del professore, insomma, ci stanno i dati. Mesi di studi, di ricerche, di evidenze cliniche: mesi in cui le cose sono molto cambiate, rispetto alla drammatica situazione di marzo. “Siamo consapevoli di quello che è stato il Covid 19, abbiamo visto le persone morire. Ma quel che capitava tre mesi fa in ospedale non è quel che accade oggi, perché non siamo stati con le mani in mano: abbiamo lavorato come ricerca clinica, trovando corrette opzioni terapeutiche, e sappiamo chi deve essere protetto. Non si può vivere passivamente nell’attesa di una seconda ondata: se dovesse arrivare, abbiamo tutte le armi per affrontarla in modo corretto e risultarne vincitori. Per questo dico che non esistono i presupposti per continuare a fomentare il terrore: la vita sociale è fatta di equilibrio, di conoscenza, di verità. A 62 anni, mi vergogno e chiedo scusa alle nuove generazioni perché stiamo dando loro prospettive assolutamente inferiori a quelle che hanno dato a noi i nostri padri, che pure erano reduci dal dramma della guerra”. Il Gruppo Privato San Donato, a cui Zangrillo appartiene, è stato in prima linea nella ricerca medica contro il Covid. “E la qualità, da noi, è a uno stato molto avanzato - chiude il professore - Abbiamo interrotto la sperimentazione di farmaci per assenza di pazienti gravi. Ma quello che il nostro gruppo privato ha saputo fare è straordinario: in un momento drammatico della crisi sanitaria, dovendo salvare le persone, siamo riusciti anche a produrre quasi 200 lavori scientifici, pubblicati sui più importanti giornali mondiali. È la base per dire all’Italia e al mondo: state tranquilli, se il Covid torna, sappiamo come affrontarlo”.