Il ruolo umano nell’intelligenza artificiale
Una quindicina di giovani ricercatori impegnati in un progetto di collaborative intelligence nel settore della sicurezza
Quattordici giovani ricercatori provenienti da tutto il mondo, prevalentemente di formazione informatica, sono impegnati da qualche mese nel progetto “Cisc - Collaborative Intelligence for Safety Critical Systems”, un “Marie Curie” dedicato a formare competenze avanzate nel campo dell’intelligenza artificiale, con particolare riguardo ai sistemi critici per la sicurezza. Nei prossimi tre anni, i giovani seguiranno un programma che alterna formazione universitaria, presenza in aziende e interscambi con gli altri partner coinvolti: mettendosi a confronto anche con discipline diverse e integrate, per acquisire competenze multidisciplinari. Fra i partner del progetto - che ha come leader l’Università Tecnologica di Dublino - c’è anche il Politecnico di Torino, che ospiterà tre dottorandi in pianta stabile, più diversi altri per brevi periodi. “Il tema base su cui si baserà l’approccio dei ragazzi coinvolti è il necessario rapporto fra l’uomo e l’intelligenza artificiale, anche nel caso dei robot collaborativi - sottolinea la professoressa Micaela Demichela del Disat (Dipartimento Scienza Applicata e Tecnologia) torinese - Un tema che resta spesso in secondo piano, nelle ricerche attuali legate all’intelligenza artificiale, e che invece riteniamo fondamentale. Ci occuperemo quindi di collaborative intelligence. L’uomo ha capacità che a oggi l’intelligenza artificiale non può vantare, come la fantasia, o la creatività nell’affrontare situazioni critiche”. In particolare, i ricercatori di base sotto la Mole si cimenteranno in due ambiti principali: la sicurezza nelle industrie manifatturiere, specificamente per quanto riguarda i mezzi pesanti (grazie a una collaborazione con Iveco, che è partner del progetto e avrà un giovane in carico per 18 mesi), e la sicurezza negli impianti di processo, ovvero la collaborazione fra operatori e intelligenza artificiale all’interno delle sale controllo. “L’anno iniziale, appena concluso, purtroppo è stato caratterizzato dai comprensibili problemi di contatti in diretta legati alla pandemia. La speranza è che da qui in avanti si possa lavorare in presenza, perché ovviamente per i ragazzi le attività sarebbero molto più arricchenti”.