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La nuova generazione del fotovoltaico spaziale

Allo studio un dispositivo che abbina materiali performanti a un processo tecnologico sostenibile.

La ricerca su nuove tecnologie sostenibili in grado di corroborare il posizionamento europeo nel mondo - finanziata dagli Horizon denominati “Path?nder” - vede fra i protagonisti il Dipartimento di Chimica dell’Università di Torino con il gruppo di Materiali Organici Funzionali guidato dalla professoressa Claudia Barolo.
Dopo aver concluso il progetto “Artibled”, coordinato dal Tum di Monaco e dedicato a modificare in maniera sostenibile i classici Led grazie all’introduzione di un materiale a base di proteine ?uorescenti artificiali, l’instancabile pool piemontese si è appena gettato in una nuova avventura, in partnership (fra gli altri) con altri due atenei italiani, l’Università di Roma Tor Vergata e quella di Siena.
Il progetto “Jump into Space”, coordinato da Tor Vergata, nell’arco di quattro anni intende sviluppare dispositivi fotovoltaici di nuova generazione per applicazioni spaziali partendo dalla perovskite, un materiale particolarmente performante, che permette di raggiungere alte potenze con un peso molto minore rispetto alla tecnologia corrente. “L’innovazione spazia su tanti aspetti - raccontano la professoressa Barolo e le colleghe Francesca Brunetti di Tor Vergata e Maria Laura Parisi di Siena - In primis la realizzazione di un dispositivo tandem, composto da più celle solari poste una sopra l’altra, per massimizzare le performance e collezionare meglio la luce nell’ambiente spaziale”.
Un obiettivo che si basa sull’ottimizzazione di materiali pensati per l’ambiente spaziale, in cui le condizioni di funzionamento non sono quelle terrestri (di questo si occupa Torino), e sul fatto che la progettazione avvenga utilizzando un approccio basato sul life cycle assesment, mettendo a punto un processo tecnologico sostenibile (che sarà validato nei laboratori Chose di Tor Vergata), e verificando l’impatto dei materiali e delle tecniche di fabbricazione sull’intero ciclo di vita del dispositivo (che è materia del pool senese). “A oggi, il tema della sostenibilità nello Spazio riguarda solo i detriti prodotti al fine vita degli oggetti lanciati in orbita. ‘Jump into Space’ lo affronta invece fin dalla fabbricazione del dispositivo sulla terra. E il processo tecnologico non sarà applicato solo in ambito spaziale: tutto quel che si fa nel progetto, basato su tecniche di stampa a bassa temperatura, potrà avere rilievo anche su scala terrestre, in un’ottica di trasferimento tecnologico che è uno dei presupposti di queste iniziative”.  
 

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Il gruppo dei partecipanti al progetto jump

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