Tutti i frutti del carbonio
Partendo dalle biomasse, un progetto innovativo produrrà biocarburante per trasporti e carbone da mettere nel terreno
È questo, in sintesi estrema, l’obiettivo di “Net-Fuels”, un Horizon (Ga 101083780) avviato da circa un anno e mezzo, con sette partner europei coordinati dal Cirsa - Centro Interdipartimentale per la Ricerca nelle Scienze Ambientali dell’Università di Bologna: un progetto che unisce diversi passaggi già sperimentati in precedenza in un’architettura nuova e complessa, che ha lo scopo - questo chiedeva la call europea vinta dal consorzio, con un voto altissimo - di produrre biocarburanti con impronta di carbonio negativa. A illustrare i passaggi dell’operazione è il professor Andrea Contin, coordinatore del progetto, che guida un pool di una ventina di persone nei laboratori universitari di Marina di Ravenna. “Partiamo da residui organici (potature, digestato, scarti animali), le mettiamo in una macchina che fa pirolisi (ovvero scalda ad alta temperatura, ma senza usare ossigeno), per cui volatilizzano producendo un gas ricco di idrogeno, un olio e un residuo carbonioso (biochar).
Già l’idrogeno è un biocarburante; il gas che resta viene sottoposto a ossicombustione, cioè una combustione con solo ossigeno: il carbonio, combinato con l’ossigeno, produce CO2 e acqua, quindi è facile - raffreddando i fumi - estrarre la CO2. Con questa CO2 calda, post-combustione, riscaldiamo il pirolizzatore, senza consumare energia in più; poi la mandiamo in un metanatore, che combina CO2 e idrogeno (prodotto internamente) per produrre metano, un combustibile sintetico che quindi si potrebbe utilizzare anche dopo il 2035, secondo la modifica alla direttiva europea sui motori a combustione interna attualmente proposta dalla Germania. Altra tecnologia innovativa: per quest’ultima operazione utilizziamo batteri, invece che catalizzatori chimici”.
Tutti questi passaggi sono però soltanto la “premessa” per lo scopo primario del progetto.
“A valle di tutto ciò - conclude Contin - siamo in grado di usare il residuo solido della pirolisi (il biochar, una sorta di “carbonella” di qualità), per metterlo nel terreno: dove il carbonio potrà restare per centinaia di anni. Quindi, in definitiva, sottraiamo il carbonio che la biomassa ha preso dall’atmosfera e lo mettiamo nel terreno per un tempo molto lungo. Se il processo funziona, questo apparecchio può cambiare il futuro dell’Europa, in termini tecnici ma anche sociali: tramite il biocarburante prodotto, potremmo raggiungere il 7% del consumo di carburante attualmente utilizzato per i trasporti”.