Un materiale verso la perfezione
Esperti europei al lavoro per ottimizzare la qualità e le applicazioni del carburo di silicio
Il carburo di silicio, nella fase cubica, è un materiale che può dare apporti significativi a molte applicazioni, soprattutto nel campo delle auto elettriche. È per questo che tutti i maggiori esperti europei di questo materiale (con apporti anche dal Giappone) si sono riuniti in un consorzio che sta lavorando al progetto “Challenge”: un H2020 coordinato dall’Imm - Istituto per la Microelettronica e i Microsistemi del CnR, che ha fra i suoi 14 partner altre importanti realtà italiane, come l’Università Milano Bicocca e due imprese private, Lpe e STMicroelectronics. “È un materiale un po’ difficile da realizzare, ci si lavora da molti anni ma a livello commerciale non c’è ancora una buona qualità, soprattutto per quanto riguarda le caratteristiche elettriche - spiega Francesco La Via, coordinatore del progetto - Il nostro obiettivo, tramite alcuni substrati compiacenti e nuove tecniche di crescita, è quello di avere un materiale a livello cristallino che possano fornire buoni risultati per le applicazioni nel settore dell’automotive”. Grazie al carburo di silicio nella fase cubica, infatti, si possono realizzare dispositivi di potenza che potrebbero dare grossi apporti ai motori elettrici delle auto. E l’ultimo anno di lavori (il progetto si chiude ai primi del 2021, nel maggio 2020 è previsto una importante conferenza a Catania, sede dell’Imm), oltre a eliminare i difetti cristallografici ancora presenti nel materiale, ha come scopo la realizzazione dei primi prototipi, che serviranno a testare la qualità del prodotto: solo a quel punto si capirà se si è pronti per passare a una successiva fase applicativa. Già oggi, però, una “costola” degli studi legati all’automotive ha dato una ricaduta importante in un altro settore: “grazie agli sviluppi delle conoscenze ottenute tramite Challenge - puntualizza La Via - abbiamo presentato un altro progetto in cui questo stesso materiale viene utilizzato non per generare dispositivi elettronici di potenza, ma per dare vita a dispositivi micro-meccanici, che possono essere utilizzati in geofisica per prevedere fenomeni come terremoti, o eruzioni dell’Etna”.