Un piede innovativo per avere una “marcia in più”
Da una tesi di dottorato universitario, il brevetto all’avanguardia di una protesi biomimetica, sensorizzata e versatile
Una protesi attiva di nuovissima generazione, destinata al piede e alla caviglia. Uno strumento all’avanguardia, sensorizzato e versatile, elastico e autonomo, nonché biomimetico, ovvero dotato di articolazioni in grado di simulare quelle umane. Per chi è costretto all’amputazione dell’arto inferiore (solo in Italia si parla di oltre 12 mila casi all’anno - fra conseguenze del diabete, infortuni sul lavoro e incidenti stradali) potrebbe essere davvero un aiuto rivoluzionario: un supporto in grado di muoversi su qualsiasi terreno, anche accidentato, e di essere rivestito con una pelle in silicone, così da potersi adattare a calze e scarpe. “B-FootUP” (così si chiama, per ora, l’invenzione) è il frutto di una tesi di Dottorato sviluppata presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Padova, come sviluppo del progetto Interreg OutFeet a cui ha partecipato l’Università di Padova, DolomitiCert (Leader Partner) e l’Università di Innsbruck. L’ha ideata e realizzata il giovane Paolo Mistretta (in collaborazione con il tesista magistrale Riccardo Faggian) presso il Laboratorio di Sports & Rehabilitation Engineering dell’ateneo patavino, sotto la supervisione del Professor Nicola Petrone. A monte, l’idea era quella di realizzare uno strumento scientifico in grado di analizzare la camminata delle persone con amputazione: con un focus particolare sulla struttura del piede, solitamente poco considerato da questo tipo di strumenti (che si concentrano maggiormente sulle dinamiche della caviglia). Oggi che la protesi artificiale è pronta e brevettata, però, i suoi ideatori si stanno chiedendo come poterla lanciare anche sul mercato, dove sarebbe davvero al top rispetto agli strumenti attualmente presenti. “Stiamo conducendo una lunga serie di test di sicurezza, compresi quelli in-vivo che coinvolgeranno pazienti con amputazione e ci diranno definitivamente se lo strumento conferma i risultati che abbiamo provato sperimentalmente in-vitro - spiegano Petrone e Mistretta - Abbiamo già sviluppato, ed è in corso di brevettazione, anche uno speciale banco prova per testare lo strumento. Se tutto andrà bene, nel giro di pochi mesi saremo pronti per proporre la protesi all’esterno”. La possibile platea di soggetti interessati è ampia: non solo le aziende produttrici di protesi, ma anche centri di ricerca, cliniche riabilitative, calzaturifici specializzati. E, se è vero che il singolo dispositivo non è a buon mercato, una sua industrializzazione su scala ampia abbatterebbe decisamente i costi: a tutto vantaggio delle persone con amputazione che potrebbero davvero avere “una marcia in più”.